Leggo con stupore le interpretazioni strumentali di alcune mie dichiarazioni in merito alla questione dello scudo penale.
Mi sento quindi di fare alcune precisazioni.
Come ho già dichiarato in numerose interviste rilasciate immediatamente dopo l’annuncio dell’abbandono di Arcelor Mittal, ho ritenuto che la cancellazione dell’esimente penale fosse stato il pretesto dato all’investitore, cosa che poi ha trovato concretezza negli eventi successivi. Per questo avevo pensato che il ripristino della norma, che era stata pensata a tutela dei commissari governativi, potesse inchiodare l’azienda alle sue responsabilità.
I fatti, ripeto, hanno altresì dimostrato le reali intenzioni di AM.
Tale è la mia preoccupazione per la salute e per il lavoro dei tarantini che ho chiesto personalmente al presidente del consiglio Conte di istituire una “regia nazionale” per Taranto chiamando a raccolta le migliori intelligenze possibili, al fine di programmare l’emancipazione dell’economia locale da quella legata alla monocultura della produzione dell’acciaio. Tutto ciò mettendo al primo posto nella scala delle priorità la salute dei cittadini e il risanamento dell’ambiente.
Pur restando convinto della necessità che la fabbrica non chiuda del tutto, sono ben conscio che non è possibile coniugare il rispetto dei limiti delle emissioni con gli attuali livelli di produzione.
Il mio appello è ancora rivolto alla politica perché si passi dalle leggi per l’ex Ilva a quelle per Taranto e i tarantini: che non sia consentita la produzione di una sola tonnellata di acciaio a spese di una città che ha già pagato un tributo fin troppo alto.
Il mio sarà sempre un ruolo pastorale, di chi si occupa della sua comunità e che sente nella pelle il dolore da troppo tempo presente in questa terra.
Se il futuro non dovrà essere più determinato da quello del siderurgico, ho chiesto al Presidente del Consiglio che si valutino da subito tutte le possibili iniziative, si prevedano interventi finanziari straordinari a sostegno di una diversificazione della vita produttiva della città che verrà, e si faccia
in modo che nemmeno un lavoratore sia lasciato indietro».
+ Filippo Santoro
Arcivescovo metropolita di Taranto