Cari fratelli e sorelle,
nella sua misericordia, che non conosce limiti, Dio viene a donarci, come ogni anno, un tempo per ricominciare, per la conversione, per fasciare le nostre ferite e quelle dei fratelli.
LO SGUARDO AL CROCIFISSO
Nel suo messaggio il Papa, con una frase meravigliosa della sua esortazione apostolica Christus Vivit ci ha invitato ad aprire così la Quaresima:
«Guarda le braccia aperte di Cristo crocifisso, lasciati salvare sempre nuovamente. E quando ti avvicini per confessare i tuoi peccati, credi fermamente nella sua misericordia che ti libera dalla colpa. Contempla il suo sangue versato con tanto affetto e lasciati purificare da esso. Così potrai rinascere sempre di nuovo»
Questi sono i quaranta giorni santi per allenarci a volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto. L’esperienza gioiosa della fede avviene non solo quando indirizziamo lo sguardo a Cristo ma anche quando ci sentiamo guardati da Lui. Anch’egli dalla croce ci guarda e da lì non si sposta perché il mondo non abbia mai il dubbio che Gesù si sia stancato di rimanere inchiodato a quella promessa d’amore a quella storia viva di salvezza che passa dalla croce.
«La nostra vita cambia quando si lascia incontrare dall’umiltà e dalla potenza della croce e della resurrezione. Cristo risorto già nel battesimo raggiunge la nostra persona e, aderendo nel corso della vita a Lui, noi diventiamo noi stessi. Senza di lui, cosa sarebbe la nostra umanità?» (Omelia del Pellegrinaggio a san Giovanni Rotondo 2019). Siamo chiamati a riconoscere nel Signore l’amore più grande che ci salva.
IL “CONTROTEMPO” DELLA CHIESA
Questo tempo è un controtempo per il mondo e noi cristiani dobbiamo viverlo come tale. In un mondo che corre e non riflette, noi ci fermiamo in compagnia del Signore: guardando a Lui e lasciandoci guardare da Lui. In un mondo che butta via ciò che è rotto e non serve, noi desideriamo riparare, guarire e donare il senso del dono ad ogni cosa. In un tempo vessato dai valori dell’efficienza e della ricchezza, noi ci diamo un controtempo per proclamare la beatitudine dei poveri e dichiariamo le fragilità di ogni uomo finalmente abitate dalla potenza di Dio. In un mondo dove il tempo è denaro, noi dichiariamo il controtempo della misericordia e della condivisione. In un mondo in cui le persone rivendicano il tempo dedicato a sé stessi come inalienabile diritto per la propria realizzazione e il proprio benessere, noi ci ostiniamo a dilatare il controtempo dedicato ai fratelli, il controtempo della carità.
Per vivere questo periodo la Chiesa ci offre ancora una volta i consigli che ci vengono tramandati ormai da inveterata tradizione: la preghiera, il digiuno e la carità. Queste tre azioni sono indispensabili per vivere la quaresima, sono tre esercizi veri e propri perché si professi il Vangelo con i fatti e non solo a parole. Sappiamo bene che occorre allenarsi e prepararsi per raggiungere un obiettivo. Se desideriamo vivere la Pasqua del Signore non possiamo “saltare” la Quaresima con i suoi impegni.
La preghiera ci aiuta a vivere o a rivivere l’amicizia con Gesù. È «un dialogo cuore a cuore – dice il Papa – da amico ad amico. Ecco perché la preghiera è tanto importante nel tempo quaresimale. Prima che essere un dovere, essa esprime l’esigenza di corrispondere all’amore di Dio, che sempre ci precede e ci sostiene. Il cristiano, infatti, prega nella consapevolezza di essere indegnamente amato. La preghiera potrà assumere forme diverse, ma ciò che veramente conta agli occhi di Dio è che essa scavi dentro di noi, arrivando a scalfire la durezza del nostro cuore, per convertirlo sempre più a Lui e alla sua volontà».
IL NOSTRO CAMMINO DIOCESANO
In questa parte dell’anno liturgico la nostra Arcidiocesi è invitata a riflettere sulla seconda parola programmatica delle nostre linee pastorali e cioè la Chiesa luogo della vittoria del Risorto. In questo periodo in cui viviamo la maggiore partecipazione e visibilmente facciamo esperienza della ricchezza della comunità ecclesiale, dobbiamo fermarci con più attenzione sul grande mistero del Signore che ci salva all’interno delle nostre comunità, dove facciamo esperienza di Lui vivo risorto ed operante. È vivendo la comunione che diamo la prima testimonianza. Come ho detto lo scorso settembre a San Giovanni Rotondo, Gesù ha scommesso sulla Chiesa, ci ha riuniti, ci ha resi figli in lui nella Chiesa, e ha affidato alla Chiesa la testimonianza della sua resurrezione, così come anche alla Chiesa è dato di essere trasparenza di Lui, perché vedendo le nostre opere buone il mondo, creda e dia gloria al Padre (Cfr. Mt 5,16). Capiamo bene che è anche il punto più dolente, la sfida più ardua per noi fare comunità secondo il Vangelo, ma in tutto ciò, il Risorto che ci precede, ha nascosto la gioia di ciascuno. Siamo tutti assetati di famiglia, di una casa. La Chiesa è la creatura forse più imperfetta di Dio, ma è il luogo dove Egli continuamente si manifesta e vince.
Vivere la Chiesa come luogo della vittoria ovviamente ci apre in maniera più autentica al mondo. Esercitandoci nella comunione fraterna fra noi, la forza del Vangelo ci fa diventare solidali con il mondo intero.
«Mettere il Mistero pasquale al centro della vita – afferma sempre il Papa – significa sentire compassione per le piaghe di Cristo crocifisso presenti nelle tante vittime innocenti delle guerre, dei soprusi contro la vita, dal nascituro fino all’anziano, delle molteplici forme di violenza, dei disastri ambientali, dell’iniqua distribuzione dei beni della terra, del traffico di esseri umani in tutte le sue forme e della sete sfrenata di guadagno, che è una forma di idolatria».
LA QUARESIMA E IL “CORONAVIRUS”
La Quaresima comincia in questi giorni con scenari inediti per il nostro Paese e per tanti paesi del mondo. Stiamo vivendo un’emergenza sanitaria che desta molte preoccupazioni. Ci capita di scoprirci improvvisamente, fragili, vulnerabili e disorientati. D’un tratto abbiamo bruscamente riscoperto quanto siano importanti i luoghi di socializzazione, di istruzione, di quanto fondamentali siano le chiese quali oasi di pace e di preghiera. Penso ai fratelli di alcune regioni del Nord Italia, che si sono ritrovati nell’impossibilità di frequentare la messa, di celebrare il sacramento del matrimonio o le esequie o di portare i propri figli in oratorio. La comunità cristiana, che nel periodo quaresimale ricalca l’immagine del popolo d’Israele nell’esodo verso la terra promessa, deve trainare tutti nella direzione della comunione, della fiducia in Dio, della solidarietà. La fede è nella sua natura opposta al panico e alla paura e vive la profonda fiducia nel Dio che salva, non fugge via dalla realtà ma trasforma ogni prova, anche la più dura, in occasione di salvezza.
La nostra Arcidiocesi si adeguerà con grande rispetto ad ogni indicazione che verrà dalle autorità competenti. Ad oggi mi sento solo di raccomandare tutto ciò che attiene al buon senso, bandendo ogni forma estremista dettata dalla disinformazione, soprattutto quando certi comportamenti sono causa di allarmismo, di offesa e peggio ancora di razzismo.
Consiglio ai parroci di lasciare vuote le acquasantiere, di invitare i fedeli a scambiarsi il gesto di pace evitando il contatto fisico e che la Comunione sia distribuita sulle mani.
In comunione con i nostri fratelli e sorelle che vivono la malattia o l’isolamento il nostro primo compito è quello di pregare. Raccomando perciò la preghiera del Rosario, in famiglia e nelle nostre parrocchie, con l’intenzione per i contagiati, per le persone che vivono i disagi correlati, per le istituzioni, per i medici, per gli operatori sanitari e per gli scienziati ricercatori.
Rechiamoci tutti, anche se solo spiritualmente, con la preghiera, nel nostro santuario diocesano di Taranto vecchia, dove veneriamo l’icona di Maria Salute degli infermi, la Madonna della Salute. In questo momento particolare abbiamo bisogno di ricorrere alla sua intercessione. A lei affidiamo ogni nostra necessità, a lei affidiamo questo tempo santo. Raccomando a tutti, insieme al santo Rosario, la preghiera della Madonna della Salute.
Vergine Maria,
dolcissima madre di Cristo e madre nostra,
riflesso della santità e della tenerezza di Dio,
ti preghiamo fiduciosi
di lenire gli affanni della nostra vita.
Tu, regina di pace,
salute degli infermi,
consolatrice degli afflitti,
guarda noi, tuoi figli.
Ci abbandoniamo a te.
Guidaci verso Gesù,
tienici lontano dal male
del corpo e dell’anima,
o Madonna della salute.
Proteggi la nostra terra e questa città a te consacrata,
le famiglie, i malati, i giovani, i fanciulli.
Intercedi per noi, tenera madre nostra.
Dona salute e lavoro al nostro popolo
e donaci di contemplarti nel paradiso,
con Gesù, con il Padre e con lo Spirito Santo. Amen.
+ FILIPPO SANTORO,
Arcivescovo Metropolita di Taranto