“Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo” le “meraviglie del Signore”. Oggi questo stesso pane, questo stesso vino – il mistero eucaristico che stiamo celebrando – è l’oggetto del nostro annunzio gioioso. Noi celebriamo oggi quello stesso dono che ci rende possibile dare, ogni qual volta ci ritroviamo intorno all’altare, l’annunzio della potenza del Signore, che nella morte e resurrezione di Cristo Gesù ha il suo punto culminante e nell’Eucarestia ha il “memoriale perenne”.
Si conclude per la seconda volta un anno pastorale segnato dalla pandemia. Ne siamo tutti segnati e le comunità parrocchiali hanno vissuto lo sforzo per una creativa evangelizzazione cercando di non cedere alla tentazione dell’immobilismo. Oggi rimettiamo al centro il pane dei deboli che grazie ad esso diventano forti, il pane dei malati che vengono da esso sanati. Come non guardare all’Eucarestia come il farmaco per la nostra energica ripresa? Di ogni energica ripresa? Nel mistero della transustanziazione è “documentata” la trasformazione che può essere operata dalla forza dello Spirito riversato nei nostri cuori.
All’inizio del nostro anno pastorale ho proposto la frase “Com-mossi dall’amore di Cristo. Ci prendiamo cura delle persone ferite e della casa comune” e indicavo il cammino di quest’anno come il guardare a Cristo al suo amore perché in noi potesse avvenire il passaggio dall’io al noi, dall’individuo chiuso in sé stesso alla comunità secondo la traccia che poi Papa Francesco ci avrebbe dato nell’enciclica Fratelli tutti.
Nella solennità di oggi è proprio il Signore che si offre come nostro cibo abbracciando la nostra fragilità e facendoci capaci di accogliere e servire gli altri. All’inizio dell’anno abbiamo contemplato e meditato la figura del Buon Samaritano. E noi toccati quest’anno come non mai da tante morti e tante sofferenze abbiamo guardato il cuore di Gesù, buon samaritano, e gli abbiamo chiesto di diventare come lui. Ma oggi ci troviamo a celebrare l’amore più grande: il buon samaritano non solo ci soccorre e ci cura le ferite, le pulisce, le fascia versando vino ed olio, ci carica sulla sua cavalcatura e ci porta nella locanda della Chiesa, la casa comune. Si accolla ogni spesa e promette di ritornare per saldare ogni debito. Nell’Eucarestia, il buon samaritano che è Gesù, Figlio di Dio ci dona sé stesso come cibo della nostra fragilità. Non c’è amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici. Così lui, come direbbe la liturgia, versa su tutti “l’olio della consolazione e il vino della speranza” e paga il nostro conto.
Ti adoriamo Signore Gesù che ti dai in cibo a ciascuno di noi. O grande Mistero, ammirabile Sacramento, vieni a nutrire noi che ti abbiamo dimenticato e anche tradito. La festa di oggi è la festa della tua passione per noi, per la vostra vita e per la nostra felicità.
E così ci indichi che il valore della vita consiste nel farsi dono a chi ci è più vicino e soprattutto a chi è più povero. Prendete: questo è il mio corpo e questo è il mio sangue. Così si compie il gesto più grande e definitivo del mondo.
Prima di questa pandemia durante una messa ho dato la comunione ad un gruppo di persone diversamente abili e, una di loro, una ragazza affetta da sindrome di Down, più vivace e più acuta di tutti noi. Dopo aver ricevuto Gesù, mi ha dato un bacio. Mi sono commosso per questo gesto di gratitudine perche le ho offerto il massimo che si poteva dare. E le ho fatto una carezza. In lei si è fatto visibile il significato racchiuso nell’ostia consacrata.
Commossi dall’amore di Cristo siamo chiamati a prenderci cura gli uni degli altri senza paura di andare in perdita perché il valore della vita sta nel donarsi nel passaggio dall’ io al noi, dalla chiusura dell’individuo in sé stesso alla comunione, alla comunità. Questo lo invocano tutti, anche il mondo laico perché è il desiderio di tutti e la grandezza della vita sta nel donarsi. Il Signore donandosi, non ci dona appena qualcosa di sé come quando noi diamo l’elemosina, ma ci dona tutto se stesso. L’Eucarestia è quindi anche fonte di una vita sociale nuova. Poi rispettando e donandoci agli altri impariamo anche a donarci e a prenderci cura dell’ambiente e della vita del Pianeta perché tutto è connesso come dice il Papa. Approfondiremo questa tematica nella prossima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si terrà qui a Taranto alla fine del mese di ottobre con i delegati provenienti da tutte le diocesi italiane. Sarà un momento sinodale di grande importanza. La vita delle persone e la vita del pianeta sono connesse e vorremmo tanto che per Taranto, città martoriata dalla crisi ambientale sorgesse un vero cambiamento di rotta e fosse davvero possibile uno stop alla devastazione ambientale e alle morti di bambini, di lavoratori e di adulti. L’Eucarestia ha anche un valore cosmico perché insieme alle persone rigenera i creato, la nostra casa comune.
Oggi nell’Angelus il Papa ha detto che
“Gesù si fa fragile come il pane che si spezza e si sbriciola, ma proprio lì sta la sua forza nella sua fragilità. “Quando riceviamo l’Eucaristia, Gesù fa lo stesso con noi: ci conosce, sa che siamo peccatori e sbagliamo tanto, ma non rinuncia a unire la sua vita alla nostra. Sa che ne abbiamo bisogno, perché l’Eucaristia non è il premio dei santi, ma il Pane dei peccatori. Per questo ci esorta: “Non avete paura! Prendete e mangiate”.
Ci guarisce con amore da quelle fragilità che da soli non possiamo risanare.
Quali fragilità? Pensiamo. Quella di provare risentimento verso chi ci ha fatto del male –da questo da soli non possiamo guarire -; quella di prendere le distanze dagli altri e isolarci in noi stessi – da quella da soli non possiamo guarire -; quella di piangerci addosso e lamentarci senza trovare pace; anche da questa, noi soli non possiamo guarire. È Lui che di guarisce con la sua presenza, con il suo pane, con l’Eucaristia. L’Eucaristia è farmaco efficace contro queste chiusure”.
Sempre il Papa dice: “L’Eucaristia guarisce perché unisce a Gesù: ci fa assimilare il suo modo di vivere, la sua capacità di spezzarsi e donarsi ai fratelli, di rispondere al male con il bene. Ci dona il coraggio di uscire da noi stessi e di chinarci con amore verso le fragilità altrui. Come fa Dio con noi. Questa è la logica dell’Eucaristia: riceviamo Gesù che ci ama e sana le nostre fragilità per amare gli altri e aiutarli nelle loro fragilità”.
E poi il Papa cita un inno della liturgia delle ore di oggi: “Gesù nascendo, si è fatto compagno di viaggio nella vita. Poi, nella cena si è dato come cibo. Poi, nella croce, nella sua morte, si è fatto prezzo: ha pagato per noi. E adesso, regnando nei Cieli è il nostro premio, che noi andiamo a cercare quello che ci aspetta”.
Carissimi fratelli e sorelle,
Adoriamo il Corpo che ci fa corpo, che ci fa Chiesa, sacramento dell’unità, che ci mette in comunione, che ci fa fratelli. Ecco perché da questo altare il riverbero della fratellanza cristiana non è appena un ideale da condividere, ma un’esperienza che intorno a questa mensa si fonda e cambia la sostanza della nostra società.
Questo Corpo di Cristo ci renda un solo corpo ed un solo Spirito. La passione del Signore per noi faccia sviluppare in noi la passione per gli altri e per la casa comune.
Il Pane eucaristico viene anche invocato come pane dei pellegrini, e questa città vive un pellegrinaggio verso la speranza, una speranza che non deve affievolirsi ma concretizzarsi: un luogo in cui abitare, crescere i propri figli, progettare il proprio futuro, liberi da qualsiasi pericolo per la salute o minaccia per l’ambiente. In questo pellegrinaggio come non cogliere tanti segni di bellezza. Anche gli eventi sportivi di questi giorni ci hanno resi orgogliosi di essere figli di questa terra e ne abbiamo ragione. Sentiamo ora però il bisogno di tornare per le nostre strade. Le frecce tricolore ci hanno fatto volare e sognare, stare assiepati ad osservare il cielo, la processione del Corpus Domini avrebbe fatto vivere realmente un po’ di cielo a tutta la comunità dei credenti. Auspico vivamente che nel rispetto delle norme prudenziali e di buon senso riprendiamo e intensifichiamo la partecipazione in presenza alle nostre liturgie, alle opere di carità; presto la nostra pietà popolare torni a scorrere per le nostre strade come linfa vitale di un popolo che in essa si identifica e con essa si fortifica! Abbiamo nostalgia dei riti pubblici della Settimana Santa come delle processioni di San Cataldo e degli altri patroni dei nostri paesi.
Il pane degli angeli che oggi spezziamo e condividiamo ci assimili al Signore Gesù che in esso manifesta l’amore più grande: dare la vita!
Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento!