Sento di condividere il rammarico espresso dalla Conferenza Episcopale Italiana dopo l’illustrazione del premier Conte della cosiddetta “fase 2” della gestione di questa pandemia, misure quelle annunciate che limitano oltremodo la libertà di culto.
La Chiesa trae la sua forza, il suo sostegno dall’ascolto della Parola di Dio e dalla condivisione sacramentale del Pane eucaristico. Motivazione ed amore per l’assistenza ai deboli, ai poveri, vengono da quella fonte. Dalla stessa sorgente nasce tutta quella rete sterminata di solidarietà che abbiamo visto prendere forma in queste ultime settimane da parte di tutte le nostre comunità parrocchiali.
I vescovi si fanno semplicemente portavoce di una “fame” che il popolo ha dei sacramenti, della santa messa. Le celebrazioni in streaming, che pur aiutano a sentire la vicinanza, il calore spirituale nella prova, non potranno mai sostituirsi all’esperienza diretta, personale e comunitaria.
Abbiamo sentito la privazione vitale in maniera più acuta in questa ultima Pasqua che non potremo mai più dimenticare. Ho fiducia nell’interlocuzione in atto che possa permettere una revisione dei protocolli (come è stato possibile dopo il primo DPCM che ha visto il dietrofront rispetto alla chiusura dei tabaccai e dei supermercati).
La Chiesa ribadisce tutta la sua serietà e il suo impegno per assicurare la partecipazione dei fedeli in maniera contingentata e regolata circa gli ingressi e le distanze di sicurezza, anche moltiplicando le funzioni pur di consentire la partecipazione della gente a piccoli gruppi e organizzando fin da ora un servizio di accoglienza che possa rendere il flusso regolare di presenze, senza assembramenti.
Filippo Santoro,
Arcivescovo Metropolita di Taranto