Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo,
perché con la tua croce hai redento il mondo.
Fratelli e sorelle,
saluto le autorità presenti, il padre Spirituale Mons. Marco Gerardo e il priore Antonello Papalia i confratelli e le consorelle del Carmine e tutti voi assiepati intorno ai Misteri che fanno parte integrale della nostra storia plurimillenaria.
Siamo ancora qui, per grazia del Signore, ad ammirare questo scenario stupendo e pieno di fascino prettamente cristiano. Le immagini della Passione sono una manifestazione dell’ammirabile scambio, nel quale il Verbo si incarna e ci mostra il suo volto, sì che possiamo guardarlo, incontrarlo, contemplarlo perché il Figlio Dio è rintracciabile nelle coordinate della storia dell’umanità. Anzi egli segna il punto di non ritorno dove la storia cambia e ricomincia. Non solo il Signore si è incarnato, ma pur non essendo peccatore, ha preso su di sé le strade del peccato per mostrarci solidarietà, vicinanza e misericordia. La Passione è la verifica dell’amore di Dio.
Perché Signore ti vediamo umiliato, schernito, condannato ingiustamente e crocifisso? Certo per la cattiveria umana, ma, dobbiamo dirlo soprattutto per amore; un amore sconcertante che noi non avremmo. All’albero della croce è inchiodato l’autore della vita perché nessuno potrà amarci tanto quanto ci ha amato Gesù. Sarebbe bello che, guardando a Cristo, ciascuno di noi ricordi il proprio anno zero. Il punto esatto dove la propria vita, incrociata con quella di Dio è cambiata, trasformata. Per tutti deve esserci un “prima di Cristo” e un “dopo l’incontro con Lui. Se questo ancora nella vita di tanti non è ancora avvenuto auguro di fare l’esperienza di Pietro che dopo il rinnegamento, il tradimento del Maestro, vive immediatamente l’esperienza del ritorno a Lui. È lo sguardo del Signore che lo fa rientrare in sé stesso, che gli permette di ricordare, cioè di riportare nel cuore tutto ciò che nella sequela di Gesù ha imparato.
Così ci racconta l’evangelista Luca:
“Accesero un fuoco in mezzo al cortile, sedendovi intorno. Pietro si sedette in mezzo a loro. Una serva, vedendo Pietro seduto presso il fuoco, lo guardò fisso e disse: «Anche costui era con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Donna, non lo conosco». E poco dopo, un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di quelli». Ma Pietro rispose: «No, uomo, non lo sono».
Trascorsa circa un’ora, un altro insisteva, dicendo: «Certo, anche questi era con lui, poiché è Galileo». Ma Pietro disse: «Uomo, io non so quello che dici». E subito, mentre parlava ancora, il gallo cantò. E il Signore, voltatosi, guardò Pietro; e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detta: «Oggi, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, andato fuori, pianse amaramente”. (Lc 22, 52,66)
È una scena evangelica di una bellezza struggente. Gesù è tradito dal primo degli Apostoli che è schiacciato dalla paura. Il Cristo che sente la voce dell’amico che lo rinnega si volta e fissa lo sguardo su di lui. Il Signore quando guarda, chiama. Ogni vocazione nasce da uno sguardo di amore del Signore. Nel cortile del Tempio richiama Pietro a seguirlo. Credo che, insieme alla profezia del rinnegamento, Pietro abbia ricordato anche quella volta in cui chiese: “Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?» E Gesù a lui: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18,21-22).
Io vi auguro che lo sguardo di Gesù penetri nel cuore di tutti fino a ricordarci il suo vangelo di misericordia, di salvezza e di amore che ci distacchi dal gruppo dei servi, che ci faccia desistere dallo stare vicino ai fuochi che non ci scaldano. Chiediamo al Cristo sotto la croce di aiutarci a irrorare con le lacrime non facili, quelle amare della conversione, l’inizio di una vita nuova. Se guardo le statue di questa bellissima processione sembra che lo sguardo del Signore si rivolga in ogni direzione. Nella direzione della preghiera fiduciosa come nel simulacro dell’agonia nell’orto degli ulivi. Oppure lo sguardo verso il basso dell’Ecce Homo, che non giudica chi lo insulta. Lo sguardo di Cristo alla colonna rivolto ad un ipotetico aguzzino ma anche a Dio. Come anche lo sguardo di una delle cadute di Gesù: è lo sguardo dell’uomo-Dio che, rasente alla croce pesante, passa da essa per raccomandarsi dal punto più basso, dalla terra toccata con le sue ginocchia, piegate dal peso del peccato. Nel racconto del rinnegamento di Pietro, vi è sempre il canto del gallo che fa da sveglia per alla sua coscienza. Il Signore dia anche noi una squilla severa perché, il nostro animo si desti alla Parola che, anche se dolorosa, stimola il pentimento. Il gallo svegli anche noi perché sta per cominciare il nuovo giorno!
Fratelli e sorelle questo appuntamento è per tutti noi un’occasione di riflessione; la croce del Signore illumina tutte le nostre croci per prenderne consapevolezza, camminare con Lui sulla via del calvario e imparare dal crocifisso a trasfigurare e con coraggio la nostra esistenza. Nella croce di Cristo ci siamo tutti, tutti peccatori e tutti salvati, tutti coinvolti e tutti fratelli e sorelle.
Guardando all’uomo trafitto con umiltà, possiamo con lo spirito della pace che deriva da Lui, volergli manifestare ogni nostro dolore.
L’anno che è trascorso è stato accompagnato da tensioni e preoccupazioni non meno intense di quello precedente. I timori sono legittimi continuano e li ho fatti presenti nel precetto pasquale celebrato all’ ex-Ilva. Ho ricordato che Taranto ha pagato quello che papa Francesco chiama “debito ecologico”. Ha prodotto acciaio per tutto il Pese ed ora piangiamo per i nostri morti adulti e bambini. A ciò si aggiungono i gravi problemi degli alunni delle scuole del Rione Tamburi e delle loro famiglie.
Ho sentito insegnanti e tante mamme davvero sconcertate. Non possiamo far cadere nel nulla il loro grido. E torno anche a chiedere che venga quanto prima disposta la Valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario: non possiamo più permettere che, a distanza di anni e senza la possibilità di mettervi riparo, si ripropongano le inefficienze del passato.
Il volto della Madre di Dio Addolorata, è familiare a tante madri e tanti della nostra provincia, grande il tributo che sono state e sono costrette a pagare. E se alla Madonna ci rivolgiamo per mettere questo dolore nelle sue mani e trovarne conforto, alle istituzioni, ancora una volta, ci rivolgiamo perché sia data loro tutta l’assistenza cui hanno diritto.
La carenza di offerta sanitaria che le famiglie mi riportano è un dato di fatto: i viaggi in cerca di una diagnosi, di cure adeguate, i disagi che ne derivano, emotivi ed economici, sono l’evitabile scenario di storie di vita già complicate: le risposte sarebbero dovute già arrivare, un malato in attesa di cure adeguate non può aspettare, non possono quelli che le statistiche dicono essere più numerosi nel nostro territorio e che avrebbero diritto a maggiori risorse e risposte.
La diocesi, ha concretizzato uno screening gratuito per le patologie da inquinamento per i quartieri prossimi alla fabbrica, finalizzato a sperimentare procedure per intercettare in tempi rapidi segnali importanti che possano prevenire l’insorgenza di malattie polmonari per loro natura rapide e infauste. Questo passo sarebbe possibile rendendo organico quanto si è cominciato a fare in maniera sperimentale tra la Parrocchia Gesù Divin Lavoratore dei Tamburi e la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Bisognerebbe fare il salto dalla sfera del volontariato e della buona volontà ad un percorso stabile e istituzionale. La vita salute costituiscono il primo bene che dobbiamo curare e con tutte le forze difendere.
Nella preghiera notturna all’inizio del pellegrinaggio dell’Addolorata ho voluto mettere nelle nostre intenzioni di preghiera la richiesta di un ammorbidimento del cuore di tutti perché ho come l’impressione che stiamo smarrendo il senso della solidarietà, dell’accoglienza e della tolleranza, del fatto che non siamo più capaci di dialogare, di venirci incontro e di pensare al bene comune. Penso all’ assassinio del maresciallo di San Severo crudelmente avvenuto sul Gargano e preghiamo per lui e per la sua famiglia.
E penso anche alle cattiverie perpetrate ai danni dei più deboli, alla violenza sulle donne, ai fenomeni dilaganti del razzismo e del bullismo. E ancora all’odio sui social media che non conosce controllo e senso del limite.
Supportati dalla nostra fede, sostenuti dal nostro impegno, siamo chiamati a diventare attori protagonisti della rinascita della nostra città che, a partire dalla nostra Isola, torni ad essere orgogliosa delle sue radici e della sua storia, e questo a partire da un evidente cambiamento di rotta. Speriamo che torni a funzionare il CIS, il Contratto Istituzionale di Sviluppo.
Ma tutte questa battaglie ci rimandano ad una prima battaglia che è quella di non ascoltare la nostra coscienza che è il primo peccato contro Dio e contro il prossimo.
Ci sentiamo esonerati dall’ascoltare la nostra coscienza, dallo sguardo alla nostra vita, dalla considerazione della nostra meta, del nostro destino avendo ridotto tutto al consumo immediato o ad una emozione momentanea dimenticando e mettendo di lato la verità. Ma la passione del Signore è per la nostra vita, per la nostra conversione, perché il nostro cuore non sia chiuso nel piccolo o grande egoismo. Contempliamo i misteri per ricoprire un amore più grande, per accorgerci che il nostro cuore ha bisogno dell’infinito, ha bisogno di questo Dio che si fa vicino e non ci lascia soli. Perche quando dimentichiamo Dio facciamo anche violenza ai nostri fratelli e alla nostra casa comune, all’ambiente in cui viviamo pensando di poterlo sfruttare a nostro piacimento. Senza un punto di riferimento più grande si apre il cammino della auto-distruzione, non della libertà. Il Signore è venuto e ci ha amati sino alla croce per indicarci il cammino della vera libertà. “La verità vi farà liberi”. La partecipazione al pellegrinaggio dei misteri non ci veda come spettatori o turisti, ma come cercatori del vero e del bene per la nostra vita e per la nostra società. Il pellegrinaggio dei misteri ci conduca dalla chiusura del cuore dinanzi a Dio e agli altri, dalla indifferenza ad una passione vera per noi stessi per gli altri e per la nostra terra.
La croce viene sbandierata perché il nostro è un cammino verso la gioia, verso la vita, verso il ribaltamento della pietra del sepolcro segno mirabile che con Cristo Gesù tutto può cambiare. Incoraggio i confratelli del Carmine perché diano buona testimonianza in questi Riti, Colgo l’occasione per salutare voi tutti carissimi presenti e, insieme a voi saluto e abbraccio tutti i tarantini che attraverso i media ci seguono pieni di nostalgia da tante parti dell’Italia, dell’Europa e del mondo. Il Signore Gesù e la Madonna Addolorata vi proteggano tutti. Buon pellegrinaggio dei Misteri e buona preparazione della Santa Pasqua.
Adesso tutti insieme invochiamo la benedizione della croce di Cristo e che la Madre di Dio imprima nel nostro cuore le piaghe di suo Figlio perché impariamo ad amare come Lui ci ha amato.
Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo
perché con la tua santa croce hai redento il mondo.