L’inizio del nuovo anno, cogliendoci di sorpresa, ha messo l’umanità di fronte ad uno scenario sanitario, economico e sociale completamente nuovo, pieno di incertezze, ma che ci provoca e ci offre l’occasione per ridisegnare le coordinate del nostro vivere nel mondo nella direzione di una maggiore fraternità, di una sostanziale equità e di una concreta sostenibilità.
La riflessione proposta dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro presieduta dal nostro Arcivescovo, monsignor Filippo Santoro, per la festa del 1° Maggio quest’anno ha dovuto, dunque, concentrare la propria attenzione sulla difficile situazione nella quale versa il Paese. La diffusione del Covid-19 ha prodotto un’emergenza sanitaria che sta provocando una crisi economica e sociale senza precedenti.
I vescovi sottolineano tra le altre cose che «nulla sarà più come prima»
- per tutti coloro che hanno subito un lutto e non hanno avuto neppure la consolazione di salutare degnamente il congiunto che lasciava questo mondo;
- per tutti coloro che si sono ammalati ed hanno avuto modo di sperimentare la caducità della propria esistenza;
- per tutti coloro che sono stati toccati nei propri legittimi interessi dai doverosi provvedimenti che le autorità hanno dovuto imporre per evitare che il contagio dilagasse ulteriormente.
Come ogni crisi, anche quella che stiamo vivendo presenta alcune opportunità che si mostrano evidenti ad una riflessione non superficiale su quanto accade.
C’è un lavoro, che è quello degli operatori ai vari livelli del comparto sanitario, che sta dando buoni risultati, così come è un punto di onore il senso di responsabilità mostrato finora dalla popolazione che ha in larghissima maggioranza rispettato le regole, a tutela della salute propria e dell’intera comunità. Proprio mentre scriviamo i dati raccontano che nella nostra provincia sono stati registrati solo 258 contagi da Coronavirus.
Sull’altro fronte caldo, quello della sfida per uno sviluppo sostenibile, continua a preoccupare il numero di cittadini interessati dalle varie patologie correlate al deterioramento dell’ambiente circostante provocato da una produzione industriale che dovrà sempre più adeguarsi a standard capaci di garantire una drastica diminuzione dell’impatto sulla salute della popolazione. Anche in questo caso la competenza e l’abnegazione dei medici e di tutti gli altri operatori sanitari sta garantendo risultati incoraggianti.
La pandemia ci sta insegnando che non è più possibile pensare di ridimensionare la spesa pubblica tagliando il welfare. La vita di tutto l’uomo e di tutti gli uomini va, dunque, rimessa al centro del lavoro dei decisori politici ai vari livelli.
Naturalmente, non possiamo superare questo momento difficile affidandoci esclusivamente al sapere esperto della scienza. Una lettura della realtà attenta ed integrale orienta il nostro agire e ci offre l’occasione per migliorare. Per questo è quanto mai utile porsi delle domande anche in ordine al rapporto tra etica ed economia.
Al n.192 dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium Papa Francesco invita a promuovere un lavoro «libero, creativo, partecipativo, solidale», e la Chiesa italiana nell’ultima Settimana Sociale tenutasi a Cagliari ha riflettuto attentamente sulle buone prassi che raccontano di un lavoro etico. Tale sguardo deve trovare spazio nel momento della ripartenza di tutti i comparti produttivi che in queste lunghe settimane hanno prima rallentato e poi fermato le proprie attività.
Oggi i datori di lavoro, quali responsabili nella tutela della salute dei lavoratori, sono chiamati ad adottare prassi innovative in relazione al settore di attività e alle dimensioni delle proprie aziende. Essi vanno sostenuti in quest’opera di riorganizzazione – che si spera possa aiutarli a superare il momento di grande difficoltà – per evitare la chiusura di molte imprese. Sarà necessario utilizzare al meglio gli ammortizzatori sociali e, per il periodo successivo, individuare gli strumenti normativi idonei a ridurre gli effetti recessivi che si stanno gravemente palesando in questi giorni.
La Pubblica Amministrazione e molte aziende private stanno sperimentando lo smart working, mentre il mondo della scuola e dell’Università ha risposto bene alla sfida della didattica a distanza. Si tratta di opportunità divenute in questi giorni occasione di promozione culturale e sociale per moltissime persone, ma su cui occorre vegliare, affinché, passata l’emergenza, non si traducano, per tagliare i costi, in nuove forme di schiavitù che privino il lavoro di quell’aspetto relazionale che è la sua forza più grande.