Cari fratelli e sorelle,
tutto quello che stiamo vivendo in questi giorni costituisce una prova nuova e difficilissima.
Non ci dobbiamo perdere d’animo e, soprattutto, dobbiamo pregare. All’unisono, dalla nostra comunità, deve levarsi una supplica unanime, come quella degli apostoli in mezzo al mare in tempesta: «Signore, salvaci» (Mt. 8,24).
Preghiamo per le vittime del virus, per quanti sono stati contagiati e stanno lottando.
Preghiamo per il Paese.
Preghiamo per tutta la società tarantina.
Affidiamo a Dio le istituzioni e tutti gli operatori sanitari che si stanno spendendo senza risparmiare energie per proteggerci da una calamità così inaspettata e inedita; la nostra preghiera per loro è il nostro “grazie” più bello, più vero.
Preghiamo perché la pandemia si esaurisca.
Ciascuno deve fare la propria parte perché il virus non si estenda ulteriormente.
È chiaro che il contenimento ed il superamento di questa grave emergenza passa attraverso la responsabilità di tutti e il comportamento corretto di ciascuno di noi: restiamo rigorosamente a casa.
Perché non sia un momento passivamente subìto, cerchiamo di organizzare la nostra vita in famiglia, accompagnando i bambini e ragazzi mentre fanno i propri compiti on line; prepariamo insieme i pasti; scegliamo di vedere insieme un bel film; ascoltiamo musica; teniamoci in contatto telefonico e social con i parenti e amici.
Troviamo un tempo per la preghiera, per scoprire ciò che più vale nella nostra vita. Scopriamo forme di una socialità nuova. Dobbiamo fare in modo che questa Quaresima-quarantena non sia contrassegnata dalla passività, non restiamo apatici davanti il televisore, ma attiviamo nuovi stili di vita, necessariamente sobri e solidali. Non viviamo un ulteriore isolamento nell’isolamento ma impariamo che la comunità e l’appartenenza sono legami spirituali fortissimi e veri che vanno corroborati con una vita interiore che non si può improvvisare.
Vorrei sostenere tutti i sacerdoti e spronarli a non perdersi d’animo in questa cattività che ci separa fisicamente dal popolo santo, il nostro amato popolo, quello che affolla le chiese in questo periodo più che mai, che non ci dà tregua di giorno né di notte. Il popolo dei bambini e dei ragazzi che fin dalle prime ore di ogni pomeriggio riempie di gioia e di chiasso le nostre aule di catechismo e i nostri oratori. So bene quanto ci costa non essere fisicamente vicino ad esso, soprattutto nelle vicende tristi come la malattia e il lutto, ma dobbiamo essere d’esempio, quali custodi della vita, senza far mancare il pane della Parola di Dio: saremo ministri e sacramento del Cristo risorto presente ugualmente e ovunque a porte chiuse nel cenacolo, nelle famiglie.
Cari fratelli e sorelle,
impariamo dal coronavirus quanto sia infestante e subdolo il male, di come non ci accorgiamo di esso in mezzo a distrazioni e superficialità e, apparentemente, piccole irresponsabilità. Fin quando non scoppia con la sua violenza e la sua nocività. Allora dobbiamo seminare il bene, lo dobbiamo far fiorire nelle nostre case, dobbiamo accoglierlo, compierlo e porgerlo anche se solo con un sorriso, con una parola di conforto, con un gesto di attenzione… con una benedizione. Sono persuaso che il Signore aprirà una strada nuova e insperata come sempre. Sì ne sono convinto. Dobbiamo pregare.
Sabato 14 Marzo alle 17.00 vi propongo la preghiera del santo Rosario in streaming dal Santuario della Madonna della Salute, che sarà ovviamente senza pubblico e a porte chiuse. Sarà trasmesso sulla mia pagina Facebook e potrete condividerlo, per unirci con tutta la comunità diocesana intorno all’icona di Maria Vergine, Salute degli infermi.
Vi aspetto e vi sono vicino nella preghiera e nell’affetto,
+ don Filippo, Arcivescovo.